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Geological Tours

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ISLANDA – Il nuovo vulcano
 

autore:    Francesco Pandolfo [11-05-2021]

L’Islanda si dimostra essere nuovamente terra di ghiaccio e fuoco per eccellenza. In meno di due mesi il mondo intero ha assistito alla nascita e evoluzione di un nuovo vulcano.
La vicinanza alla capitale, la facilità di esser raggiunto con un breve trekking e il carattere di attività eruttiva “pacifica” ha permesso di produrre foto e video spettacolari rendendola una delle eruzioni più mediatiche degli ultimi anni. Scientificamente l’eruzione è stata seguita da ben prima che la lava arrivasse in superficie e si è dimostrata essere un esempio perfetto di come poter sfruttare al meglio le tecniche di monitoraggio vulcanico a tutela delle persone.
Ad oggi l’eruzione è in continua evoluzione e oggetto di studio per meglio comprendere i segreti della geodinamica del nostro pianeta.





E’ sul profilo Twitter del IMO, l’Icelandic Metereological Office, che nella notte del 20 Marzo 2021 vengono pubblicate le prime immagini in assoluto di quella che oggi tutti noi conosciamo come l’eruzione del Fagradalsfjall, il nuovo vulcano islandese.

Le primissime immagini arrivano insieme alle dichiarazioni alla stampa di chi abita nel paese di Grindavik, a soli 8 km dal sito dell’eruzione, che racconta di come abbia visto il cielo illuminarsi di rosso dalla finestra della propria abitazione e non tardano ad arrivare le prime immagini del bagliore rosso nel cielo osservato anche dalla capitale Reykjavík.
Si perché l’eruzione avviene nella penisola di Reykjanes, a soli 30 km sud-ovest della capitale e a meno di 20km dall’aeroporto inernazionale di Keflavik. E la memoria torna prepotentemente all’eruzione del 2010 dell’Eyjafjallajökull, paradossalmente anch’essa iniziata il 20 Marzo, da tutti conosciuta e ricordata per i seri e gravi problemi che ha causato al traffico aereo internazionale su tutta l’Europa e il Nord Atlantico.

Ma questa nuova attività eruttiva si distingue subito dalla precedente, e le dichiarazioni di Sara Barsotti, ricercatrice responsabile del rischio vulcanico presso l’IMO, confermano come non ci si aspetti che possa essere emessa in atmosfera una quantità di fumo e cenere sufficiente a creare disagi paragonabili alla precedente eruzione del 2010. Questo perché non siamo di fronte ad un’attività eruttiva di tipo freato-magmatico dove è stata l’interazione tra il magma e l’acqua disciolta dal ghiacciaio che si trovava sopra l’edificio vulcanico a creare la nube incriminata.

Quello che oggi sta succedendo sulla penisola di Reykjanes è però riconducibile allo stesso contesto geodinamico che coinvolge tutta l’Islanda, il suo trovarsi ad esser parte del rifting, un movimento distensivo di placche tettoniche, che si traduce visivamente nell’apertura dell’oceano Atlantico, in concomitanza con un plume, un punto caldo di risalita di magmi dalle profondità del mantello terrestre.

L’area dove attualmente è in posto l’eruzione è in realtà monitorata dal Dicembre 2019 quando si è incominciato ad osservare un graduale incremento dell’attività sismica. La penisola di Reykjanes è sottoposta allo stress distensivo orientato sud ovest-nord est causato dal rifting [Fig.1] ma è anche influenzata da grandi fratture di natura trascorrente presenti nel sud dell’isola, motivo per il quale il regime geodinamico della penisola è definito transtensionale e permette la nascita di faglie orientate ortogonalmente alla direzione di rifting che generano scivolamenti traslazionali (chiamati strike-slip) che possono causare terremoti a magnitudo elevate.

Un evento significativo si è registrato il 24 Febbraio 2021 alle 10:05 quando l’area è stata epicentro di un sisma di magnitudo M5.7 avvertito sensibilmente anche nella capitale. Scossa che ha dato inizio ad un intenso sciame sismico che ha portato a registrare più di 40.000 terremoti nelle settimane seguenti e lo studio dello stesso ha portato a rilevare la presenza di un’intrusione magmatica nell’area del vulcano Keilir [Fig.2]. Le sequenze sismiche hanno mostrato come l’intrusione si sia sempre più avvicinata alla superficie e spostata in direzione sud ovest fino a raggiungere un’area valliva a sud di una montagna tabulare di nome Fagradalsfjall dove si ritiene che già il giorno 11 Marzo fosse ad una profondità inferiore al chilometro dalla superficie. La messa in posto del magma in superficie e quindi l’inizio di un’attività eruttiva, era ormai estremamente probabile.

Il movimento distensivo causato dal rifting favorisce la risalita di magmi direttamente dal mantello, che una volta arrivati in superficie lungo discontinuità crostali provocando eruzioni fissurali. E’ il susseguirsi di episodi come questi, chiamati cicli vulcano-tettonici, che hanno portato all’evoluzione dell’Islanda così come la conosciamo oggi. La stessa penisola di Reykjanes è stata oggetto di numerosi cicli di attività vulcano-tettonica, l’ultimo registrato in epoca storica e avvenuto tra il 940 e il 1240 d.C..

Questi magmi sono, per loro natura, dei basalti di dorsale oceanica chiamati MORB, nati per decompressione adiabatica che porta alla fusione di determinate aree del mantello. Tali magmi sono poveri in elementi come la silice e con composizioni chimiche medie tali da permettere un facile rilascio del gas intrappolato al loro interno. Questa caratteristica fa si che alla messa in posto di un’attività eruttiva si abbia una lava ad altissime temperature, molto fluida e poco esplosiva, che riesce a scorrere e allontanarsi, lentamente, dal punto di emissione lungo deboli pendenze.

Nei giorni successivi all’eruzione, nell’area del Fagradalsfjall, si è di fatto formato un primo vulcano, ma sono bastate meno di due settimane per osservare la nascita di un secondo punto di fuoriuscita della lava, così come poi un terzo e ancora. Al 19 Aprile erano ben 6 i coni monogenetici nati da un unico evento eruttivo, a conferma di come si era definita la messa in posto dell’intrusione evidenziata dallo sciame sismico.

Al momento l’eruzione continua a essere moritorata, specialmente con attenzione verso i gas emessi in atmofera in quanto essendo rilasciati da magmi ad altissima temperatura alcuni elementi come lo zolfo tendono ad ossidare e creare diossido di zolfo, SO2, un gas tossico per l’essere umano e inodore, da non confondere con l’idrogeno solforato, H2S, che per chi ha già avuto occasione di visitare questa splendida isola, è il “profumo” dell’espressione geotermica. Il monitoraggio avviene per controllare che tale gas non si diriga e/o concentri verso i centri abitati e quindi possa venire respirato inconsapevolmente dall’essere umano.
Il dipartimento di Earth Sciences della University of Iceland riporta che in un arco tempolale di un mese dall’inizio dell’eruzione sono stati emessi in superficie 14 milioni di metri cubi di lava e che la media giornaliera di emissioni di gas sia pari a 2000 tonnellate di SO2 e 5000 tonnellate di CO2. Tutti numeri che, al momento, rientrano in uno scenario regolare di un’attività vulcanica come questa [Fig.3].

Dal 3 Maggio ad oggi viene osservato un cambiamento nell’attività eruttiva. L’emissione di lava dalle 6 differenti bocche eruttive si è interrotta, concentrandosi solo sul cratere numero 5, che si è messo in posto il 13 Aprile, che ora alterna alla lenta e continua emissione di lava ad eventi esplosivi sotto forma di fontane di lava che negli ultimi giorni hanno raggiunto altezze fino a 400 mt e visibili anche dalla capitale.

L’attività eruttiva del Fagradalsfjall, che è stata per settimane estremamente stabile e costante con l’emissione di lava da differenti bocche eruttive e che ora si concentra in un’attività più esplosiva da un unico punto di emissione, dimostra come ci sia un cambiamento in corso nell’evoluzione di questo vulcano. Che cosa possa comportare per il futuro dell’eruzione non lo è dato a sapere e neppure quale ne sia la causa, si può ipotizzare un cambiamento nelle composizioni chimiche del magma in risalita o così come una diversa disposizione dei canali stessi di risalita del magma a seguito di movimenti tettonici o altro.

Nell’ovvia speranza che mai questa eruzione possa essere un pericolo reale per l’uomo, si può e si deve continuare a monitorare l’area e “ascoltare” tutti i segnali che la natura ci presenta per essere il più possibile preparati e attenti quando si è di fronte a spettacoli come questo, dove si può ammirare come e quanto la geodinamica terrestre sia attiva e importante per il nostro pianeta.


Fig.1 Journal of Volcanology and Geothermal Research, Geology and structure of the Reykjanes system, Iceland – Saedmundsson.

Fig.2 Veðurstofa Íslands e Google Earth

Fig.3 IMO – University of Iceland Earth Sciences Department